Il divieto di licenziamento introdotto dal decreto “Cura Italia”, successivamente reiterato da tutti gli interventi emergenziali e parzialmente rimosso a decorrere dal 1 luglio u.s., ha finito per generare una normativa intrecciata e complessa, rispetto alla quale è bene fare sintesi e ordinare le idee.
Innanzitutto laddove ancora operante, il divieto di licenziamento impedisce, dal 17/3/2020, l’intimazione dei licenziamenti per giustificato motivo oggettivo ai sensi dell’art.3. L.604/66, le procedure di licenziamento collettivo ex L.223/91, le procedure di conciliazione preliminare ex art.7 della legge 604/66.
Inoltre sono sospese le procedure di licenziamento collettivo già iniziate alla data del 23 febbraio 2020.
Iniziamo col dire che, al di la del venir meno del divieto di licenziamento, le procedure risalenti a quasi due anni orsono e sospese dal 23/2/2020, sono procedure che evidentemente devono essere ritirate e reiterate, posto che la situazione occupazionale e aziendale, difficilmente sarà rimasta immutata in questo lungo periodo.
Sul fronte del divieto di licenziamento, così come anche riepilogato dalla nota dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro n.5186 del 16/07/2021, la situazione, dopo l’ultimo intervento adottato con il decreto Sostegni bis è la seguente.
Divieto di licenziamento operante indipendentemente dall’effettivo utilizzo degli strumenti di integrazione salariale:
- divieto di licenziamento fino al 31/10/2021 per le imprese destinatarie dell’assegno ordinario e della cassa integrazione in deroga, ovvero della cassa integrazione degli operai agricoli (Cisoa);
- divieto di licenziamento fino al 31/10/2021 per le aziende del comparto tessile per le quali è riconosciuto dal 1 luglio al 31 ottobre un ulteriore periodo di cassa Covid emergenziale;
- divieto di licenziamento fino al 31/12/2021 per le aziende del settore turismo, stabilimenti balneari e commercio che richiedono la fruizione dell’esonero contributivo previsto dall’art.43 del decreto legge 73/2021, convertito in legge 23 luglio 2021, n.106;
Divieto di licenziamento operante in connessione al ricorso a strumenti di integrazione salariale:
- divieto di licenziamento fino al massimo al 31/12/2021 per le aziende industriali diverse dal comparto tessile, che fanno richiesta di integrazione salariale ai sensi degli articoli 40, comma 3 e 40 bis, comma 1, per la durata del periodo di ammortizzatore richiesto ed autorizzato;
- divieto di licenziamento fino al massimo al 31/12/2021 per le imprese che gestiscono almeno uno stabilimento industriale di interesse strategico nazionale e che occupino un numero di lavoratori subordinati non inferire a 1.000 unità, che presentano domanda di trattamento ordinario di integrazione salariale ai sensi di quanto previsto dall’art.3 del D.L. 103/2021.
Ricordiamo di seguito le eccezioni che consentono il superamento del divieto di licenziamento:
- appalto con passaggio dei lavoratori ad altro appaltatore;
- licenziamenti motivati da cessazione definitiva dell’attività di impresa oppure dalla definitiva cessazione con messa in liquidazione della società senza continuazione nemmeno parziale di attività;
- fallimento senza esercizio provvisorio, con cessazione definitiva dell’attività
- accordo collettivo aziendale di incentivazione all’esodo stipulato con le OO.SS. comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, limitatamente ai lavoratori aderenti su base volontaria.