Come noto l’Istituto di previdenza, nel corso del corrente anno, ha avviato una massiccia campagna dedicata al recupero della contribuzione omessa da parte dei datori di lavoro che hanno erroneamente applicato le regole riguardanti il c.d. “massimale contributivo”.
La legge 8 agosto 1995, n. 335, ha infatti introdotto, per i lavoratori privi di anzianità contributiva, che si iscrivono a far data dal 1° gennaio 1996 a forme pensionistiche obbligatorie, e per coloro che esercitano l’opzione per il sistema contributivo ai sensi del comma 23 dell’articolo 1 della medesima legge, un massimale annuo della base contributiva e pensionabile. In tal modo è stato stabilito un limite di valore, annualmente rivalutato, oltre il quale la retribuzione non deve essere assoggettata a prelievo di contributi previdenziali.
Il massimale trova applicazione per la sola aliquota di contribuzione ai fini pensionistici (invalidità, vecchiaia e superstiti – IVS), pertanto la retribuzione eccedente costituisce base imponibile unicamente per le contribuzioni minori.
L’Inps con la circolare n. 177 del 7 settembre 1996, nel fissare i criteri applicativi di tale disciplina, ha chiarito che i datori di lavoro sono tenuti ad acquisire una dichiarazione del lavoratore attestante l’esistenza o meno di periodi utili o utilizzabili ai fini dell’anzianità contributiva anteriori al 1° gennaio 1996.
Nell’ambito della campagna di recupero contributivo avviata dall’Istituto di previdenza, quest’ultimo ha applicato il regime sanzionatorio previsto dall’articolo 116, comma 8, lettera a), della legge n. 388/2000 per i casi di omissione contributiva, senza alcuna distinzione.
Nelle ipotesi in cui l’erronea applicazione della contribuzione sul massimale contributivo sia conseguenza della presentazione di una domanda di riscatto o di accredito figurativo da parte del lavoratore, tuttavia, non sarebbe corretto applicare un regime sanzionatorio che presuppone un comportamento omissivo del datore di lavoro.
In questi casi, se un regime sanzionatorio deve trovare applicazione, ben potrebbe essere quello previsto dalla lettera a) prima parte del comma 15 dell’articolo 116 della legge n. 388/2000, il quale consente la riduzione delle sanzioni civili fino alla misura degli interessi legali nel caso di “mancato o ritardato pagamento di contributi o premi derivanti da oggettive incertezze connesse a contrastanti ovvero sopravvenuti diversi orientamenti giurisprudenziali o determinazioni amministrative sulla ricorrenza dell’obbligo contributivo”.
Nel caso di modifica alla regola del massimale per effetto di una domanda di riscatto o accredito figurativo, infatti, salvo che il lavoratore non lo comunichi al datore di lavoro, quest’ultimo non ha modo di entrare in possesso di tale informazione, circostanza di cui l’Istituto di previdenza è invece a conoscenza e che forse, migliorando i canali informativi interni, ben potrebbe segnalare al datore di lavoro interessato, risolvendo a monte la questione.
Ad ogni modo l’Inps con il messaggio n.4412 del 10 dicembre 2021 è intervenuto per disciplinare la fattispecie in commento prevedendo che, una volta eseguito il pagamento integrale della contribuzione richiesta, le sanzioni saranno dovute nella misura degli interessi legali ai sensi della lettera a), prima parte, del comma 15, dell’articolo 116 della legge n. 388/2000, confermando quindi l’applicazione del regime sanzionatorio di favore.
L’Istituto ha tuttavia precisato che, laddove il pagamento dell’importo della contribuzione dovuta sull’imponibile eccedente il massimale oggetto della diffida venga effettuato oltre il termine assegnato, la misura degli interessi legali sarà applicata dal mese successivo a quello di presentazione da parte del lavoratore della domanda di riscatto o di accredito figurativo di periodi contributivi antecedenti al 1° gennaio 1996 fino alla scadenza del termine di pagamento indicato nella medesima diffida.
A partire dalla già menzionata scadenza e fino al giorno dell’effettivo integrale pagamento della contribuzione richiesta saranno invece dovute le sanzioni civili nella misura di cui all’articolo 116, comma 8, lettera a), della legge n. 388/2000.