La progressiva riduzione delle tutele crescenti
Il regime delle tutele crescenti, da applicarsi in caso di licenziamenti illegittimi, era stato ipotizzato e costruito per essere strutturalmente diverso da quello contenuto nell’articolo 18 dello statuto dei lavoratori.
In particolare si voleva limitare i casi in cui poter accordare la reintegra nel posto di lavoro e ridurre di conseguenza la discrezionalità dei giudici nella definizione dell’ammontare del risarcimento al dipendente.
Una diversità che è stata fortemente ridotta dai progressivi interventi della giurisprudenza.
La decisione più nota e probabilmente la più importante è quella contenuta nella sentenza 194/2018 della Corte costituzionale, che ha ritenuto illegittima la quantificazione del risarcimento strettamente correlata all’anzianità del lavoratore: due mensilità per ogni anno di servizio.
Secondo la Consulta, tale sistema “automatico” avrebbe violato i principi di eguaglianza e ragionevolezza e quindi l’importo del risarcimento deve essere stabilito dal giudice tenendo conto, oltre che dell’anzianità, delle dimensioni dell’azienda e del comportamento e delle condizioni delle parti in causa.
Questo intervento, giunto poco dopo l’entrata in vigore della legge di conversione del decreto dignità, che ha innalzato fino a 36 il numero massimo di mensilità di risarcimento riconoscibili al dipendente, ha scardinato l’automatismo previsto dal D.Lgs 23/2015 e reso potenzialmente più conveniente per il lavoratore le tutele crescenti (dato che con l’articolo 18 non si va oltre le 24 mensilità).
Ma la giurisprudenza è poi progressivamente intervenuta anche su altri aspetti, non meno rilevanti. Quello probabilmente più importante tra questi riguarda il fatto oggetto di una contestazione disciplinare.
In origine infatti, nel caso di un licenziamento illegittimo ma in presenza comunque di un fatto materiale, al lavoratore sarebbe spettato solo il risarcimento economico (a differenza dell’articolo 18). Secondo i giudici, invece, occorre valutare se il fatto è giuridicamente esistente o meno. In questa seconda ipotesi il dipendente deve essere reintegrato. Di conseguenza si sono avvicinate le ipotesi di applicazione della reintegra tra tutele crescenti e articolo 18.
E’ stata poi anche ridotta la portata del fatto alla base di un licenziamento oggettivo, ossia per motivi economici: se la motivazione della riduzione del personale è inesistente, il dipendente deve essere reintegrato e non è sufficiente il risarcimento economico.