in particolare il passaggio fondamentale della sentenza, di seguito riportato, prevede che la dichiarazione dell’intenzione di licenziare prevista dall’art.7 della legge 604/66, non possa essere considerata alla stregua di un licenziamento e come tale non possa pertanto essere considerata come atto di recesso unilaterale del datore di lavoro computabile ai fini della soglia dei 5 licenziamenti
“…deve infatti osservarsi che l’espressione intenda licenziare di cui alla L. n. 223 del 1991, art. 24 è una chiara manifestazione della volontà di recesso, pur necessariamente ancorata al fatto che i licenziamenti non possono essere intimati se non successivamente all’iter procedimentale di legge, mentre cosa ben diversa è l’espressione deve dichiarare l’intenzione di procedere al licenziamento per motivo oggettivo ai sensi della novellata L. n. 604 del 1966, art. 7, che è invece imposta al fine di intraprendere la nuova procedura di compensazione (o conciliazione) dinanzi alla DTL, e non può quindi ritenersi di persé un licenziamento. Deve poi osservarsi che alla luce di una corretta interpretazione dell’art. 1, paragrafo 1, comma 1, lett. a) della Direttiva 98/59/CE del Consiglio del 20 luglio 1998 (concernente il riavvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di licenziamenti collettivi), rientra nella nozione di “licenziamento” il fatto che un datore di lavoro proceda, unilateralmente ed a svantaggio del lavoratore, ad una modifica sostanziale degli elementi essenziali del contratto di lavoro per ragioni non inerenti alla persona del lavoratore stesso, da cui consegua la cessazione del contratto di lavoro, anche su richiesta del lavoratore medesimo (Corte di Giustizia UE 11 novembre 2015 in causa C-422/14, p.ti da 50 a 54); una tale interpretazione, conforme alla citata giurisprudenza della Corte di Giustizia, comporta il superamento della precedente in merito alla L. n. 223 del 1991, art. 24, anche alla luce del D.Lgs. n. 151 del 1997 di attuazione alla Direttiva comunitaria 26 giugno 1992, n. 56, nel senso che nel numero minimo di cinque licenziamenti, ivi considerato come sufficiente ad integrare l’ipotesi del licenziamento collettivo, non possono includersi altre differenti ipotesi risolutorie del rapporto di lavoro, ancorché riferibili all’iniziativa del datore di lavoro (Cass. n. 15401/20, Cass. n. 1334/07)”.