Il Ministero del Lavoro con Circolare n.9 del 9/10/2023 interviene per fare chiarezza circa la portata della riforma introdotta in materia di contratti a tempo determinato dall’art.24 del D.L. 4 maggio 2023, n.48.
In particolare vengono confermati alcuni aspetti che avevano impegnato la dottrina e autorevoli commentatori in questi mesi.
La durata massima del CTD è fissata in 24 mesi, salvo diverse previsioni della contrattazione collettiva e l’ulteriore contratto in deroga stipulato presso l’ITL di durata massima di ulteriori 12 mesi.
Viene confermato il regime acausale sia per proroghe e rinnovi per i primi 12 mesi di contratto.
Per individuare le ipotesi in cui sia possibile andare oltre il termine di 12 mesi, ci si deve riferire in primo luogo alle ragioni previste dalla contrattazione collettiva nazionale, territoriale o aziendale ex art.51 D.lgs 81/2015; in assenza di previsione specifica da parte della contrattazione collettiva di cui alla lettera a) del comma 1, dell’art.19 del D.lgs.81/2015, si deve fare riferimento ai contratti collettivi applicati in azienda, fermo restando che si deve comunque trattare di contratti stipulati da OoSs comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, o delle loro RSU o RSA, quindi di una contrattazione collettiva “qualificata”.
In assenza di ogni indicazione di fonte collettiva disciplinante l’apposizione del termine oltre il limite temporale di 12 mesi, le parti del contratto individuale possono individuare le esigenze tecniche, organizzative o produttive direttamente nel contratto di lavoro. Il limite temporale di tale possibilità è fissato alla data del 30/4/2024, data entro la quale il contratto deve essere stipulato, indipendentemente quindi dalla durata che potrà anche andare oltre tale termine.
E’ importante sottolineare come il Ministero del Lavoro sia intervenuto con la circolare in commento, anche per chiarire quando si debba considerare disciplinato dai contratti collettivi, il tema delle causali che giustificano proroghe o rinnovi oltre il termine dei 12 mesi. Tale circostanza è molto importante poiché solo in assenza di tale disciplina le parti del contratto individuale potranno a loro volta prevederle fino al 30 aprile 2024. Secondo il Ministero se il contratto collettivo si limita ad un generico richiamo alle ormai abrogate causali che erano previste dal “Decreto Dignità” si deve intendere come tamquam non esset, quindi come se la fattispecie non fosse stata affatto disciplinata, con possibile attivazione della disciplina del contratto individuale.
Viene confermato che il regime di neutralizzazione e azzeramento dei contratti a termine stipulati prima del 5 maggio 2023, si riferisce tanto ai rinnovi quanto alle proroghe, con possibilità dunque di stipulare un nuovo contratto o prorogare un contratto già in essere, indipendentemente da eventuali rapporti intercorsi tra lo stesso datore e il medesimo lavoratore, senza necessità di indicare le specifiche esigenze dell’art.19, comma 1 del D.lgs. 81/2015 per un ulteriore periodo massimo di 12 mesi e fermo restando la durata massima di 24 mesi o la diversa durata prevista dalla contrattazione collettiva.
Infine si chiarisce la portata e il significato dell’espressione “contratto stipulato” la quale comprende sia eventuali rinnovi che proroghe di contratti già in essere, le quali quindi devono essere state stipulate prima dell’entrata in vigore del D.L.48/2023.