Il termine “whistleblowing” deriva da “to blow the whistle” (“soffiare nel fischietto” – “vuotare il sacco”).
Con la disciplina del “whistleblowing” infatti ci si riferisce alla denuncia, di solito anonima, presentata dal dipendente di un’azienda alle autorità pubbliche, ai mezzi d’informazione, con riferimento ad attività non compliant o illecite commesse all’interno dell’azienda cui appartiene.
Quindi il “whistleblower” è colui che “soffia nel fischietto o che vuota il sacco” ovvero compie la segnalazione o la denuncia.
La disciplina originaria era stata introdotta per il solo settore pubblico. Nel settore privato infatti l’obbligo di segnalazione era vigente, fino al decreto 24/2023, solo per le aziende che si erano dotate del “modello organizzativo 231”.
Il D.lgs. 24/2023 oggi è l’unica norma di riferimento in materia di “whistleblowing” che disciplina la materia della segnalazione e delle tutele riconosciute ai segnalanti, sia del settore pubblico che di quello privato, estendendone gli obblighi a tutte le aziende aventi certi livelli dimensionali, indipendentemente dal fatto che sia stato o meno adottato il “modello organizzativo 231”.
L’entrata in vigore delle nuove disposizioni è stata tuttavia differenziata in funzione della tipologia di soggetti destinatari delle norme stesse.
Sono infatti divenute applicabili a decorrere dal 15.7.2023 per i soggetti pubblici e privati aventi un numero di dipendenti pari o superiore a 250.
Per le aziende che hanno registrato una media di lavoratori subordinati nell’anno precedente (ovvero nell’anno in corso per le aziende di nuova costituzione) compresa tra i 50 e 249 lavoratori, la norma entrerà in vigore a decorrere dal 17.12.2023.
Cosa devono fare le aziende interessate?
Le aziende destinatarie dell’obbligo devono dunque mettere in atto una serie di adempimenti diretti a rendere effettiva la tutela prevista dalla norma.
In particolare, dovranno attivare canali di segnalazione interna che garantiscano, anche tramite strumenti di crittografia, la riservatezza dell’identità del segnalante, della persona coinvolta, del contenuto, dei documenti e delle persone comunque menzionate nella segnalazione.
La gestione del canale di segnalazione potrà essere affidata a una funzione interna autonoma, il cui personale dovrà essere specificamente formato, oppure a un soggetto esterno.
In ogni caso, l’istituzione del canale di segnalazione (interno o esterno) dovrà essere preceduta da una consultazione con le rappresentanze o le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.
Poiché le segnalazioni potranno essere effettuate con la massima libertà di forma scritta e orale, i canali di segnalazione dovranno garantire la prova della corretta ricezione della segnalazione (attraverso linee telefoniche, sistemi di messaggistica vocale, modalità informatiche o incontri diretti) e della rigorosa tempistica di risposta, in quanto è previsto l’obbligo di rilasciare al segnalante un avviso di ricevimento della segnalazione entro sette giorni, e un riscontro alla segnalazione entro 30 giorni.
Tutti i potenziali segnalanti dovranno essere resi edotti delle procedure previste per effettuare le segnalazioni mediante informazioni chiare e precise che l’azienda dovrà rendere facilmente visibili nel luogo di lavoro o in una sezione dedicata del suo sito internet, se esistente.
I sistemi di segnalazione interno devono garantire riservatezza del segnalatore e degli eventuali facilitatori.
Deve essere pertanto adottato un sistema di crittografia adeguato a garantire la massima riservatezza.
I sistemi di segnalazione esterno devono comunque essere affidabili e garantire le stesse caratteristiche di riservatezza richieste dalla norma, in quanto eventuali problematiche ricadranno comunque sul datore di lavoro.
Chi può fare la segnalazione?
La segnalazione può essere fatta da tutti i lavoratori subordinati, collaboratori coordinati e continuativi, lavoratori autonomi, liberi professionisti, consulenti, volontari, tirocinanti, amministratori e soci.
Tutele per il segnalatore.
Il segnalatore, ai sensi dell’art.17 del D.lgs.24/2023, non possono subire ritorsioni di alcun tipo in virtù della segnalazione effettuata.
In particolare, ai sensi dell’art.17, comma 3° e 4°, si prevede che una serie di conseguenze negative o di provvedimenti adottati a carico del segnalatore si intendono comminati a causa della segnalazione, salvo prova contraria.
A titolo esemplificativo si intendono adottati per ritorsione in connessione alla segnalazione effettuata, i seguenti provvedimenti:
- a) il licenziamento, la sospensione o misure equivalenti
- b) la retrocessione di grado o la mancata promozione;
- c) il mutamento di funzioni, il cambiamento del luogo di lavoro, la riduzione dello stipendio, la modifica dell’orario di lavoro;
- d) la sospensione della formazione o qualsiasi restrizione dell’accesso alla stessa;
- e) le note di merito negative o le referenze negative;
- f) l’adozione di misure disciplinari o di altra sanzione, anche pecuniaria;
- g) la coercizione, l’intimidazione, le molestie o l’ostracismo;
- h) la discriminazione o comunque il trattamento sfavorevole;
- i) la mancata conversione di un contratto di lavoro a termine in un contratto di lavoro a tempo indeterminato, laddove il lavoratore avesse una legittima aspettativa a detta conversione;
- l) il mancato rinnovo o la risoluzione anticipata di un contratto di lavoro a termine;
Ai sensi dell’art.19, comma 3° del D.lgs.24/2023 gli atti assunti in violazione dell’articolo 17, sono nulli.
I lavoratori destinatari della tutela che siano stati licenziati a causa della segnalazione, della divulgazione pubblica o della denuncia all’autorità giudiziaria o contabile hanno diritto a essere reintegrati nel posto di lavoro, ai sensi dell’articolo 18 della legge 20 maggio 1970, n. 300 o dell’articolo 2 del decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 23, in ragione della specifica disciplina applicabile al rapporto di lavoro.